CRO: come ottimizzare il tasso di conversione step by step

Avete seguito le best practice per la costruzione del sito ma gli utenti non convertono? Una strategia CRO potrebbe essere ciò che serve!

Chiunque si sia imbattuto nel concetto di “CRO” avrà incontrato, ad un certo punto della sua ricerca, una definizione del tipo: “la CRO, o conversion rate optimization, è il processo che porta all’incremento della percentuale di conversione da un sito o da un app. Fare CRO significa studiare come gli utenti interagiscono col sito, elaborare delle ipotesi di modifica e testarle per verificare che rispondano alle esigenze dell’utente”.

La domanda che sorge spontanea a questo punto è: come si traduce nella pratica tutto questo?

La prima cosa da tenere a mente è che la CRO è un approccio basato sugli utenti e non sulle best practice. Quando parliamo di CRO, infatti, partiamo dal presupposto che ogni sito abbia una sua propria popolazione di utenti con le loro caratteristiche e abitudini. Se vogliamo migliorare un sito dobbiamo quindi ottimizzarlo per la sua popolazione che potrebbe essere diversa da quella di altri. Non possiamo, quindi, fermarci alla best practice ma dobbiamo identificare le necessità degli utenti e modificare il sito di modo che risponda a queste necessità.

Come funziona una strategia CRO?

Possiamo pensare a una strategia CRO come un ciclo incrementale. Il ciclo si apre con lo studio dell’esperienza degli utenti nella loro interazione con il sito e si chiude con l’adozione di una nuova versione “ottimizzata” rispetto alla precedente. Dopo l’adozione della nuova versione il ciclo riparte con la raccolta dati sulla nuova versione che diventerà la base per ulteriori test.

CRO checklist: la guida per ottimizzare il conversion rate step by step

Per semplificare il processo possiamo riassumerlo in 5 step fondamentali:

1. Raccolta e analisi dati

In questa prima fase vengono raccolti una serie di dati sia, quantitativi che qualitativi, sull’esperienza dell’utente. I dati considerati provengono da applicativi di web analytics, analisi euristiche svolte da esperti di ux e web design, poll e survey sottoposte direttamente agli utenti e strumenti per il monitoraggio della navigazione (come scrollmap e heatmap).

I dati raccolti vengono analizzati e organizzati in modo da avere una visione globale dei problemi segnalati (ad esempio: quali sono le principali pagine che portano gli utenti ad abbandonare il sito? Qual è la percentuale di utenti che abbandona il carrello e perché?). L’obiettivo di questa fase è identificare le aree che possono essere migliorate. Più le diverse fonti dati danno un’immagine coerente delle aree di lavoro più un elemento risulta rilevante nell’analisi.

2. Formulazione di ipotesi di modifica

Una volta individuate le aree di modifica bisogna formulare delle ipotesi su come incidere positivamente sull’esperienza dell’utente. Gli elementi modificabili sono moltissimi e a volte minimi come il colore di un bottone o il testo di una CTA. Altre volte le modifiche sono molto impattanti e possono riguardare anche la riorganizzazione o l’eliminazione di una pagina.

3. Definizione nuova versione e settaggio test

Una volta definito a livello teorico cosa vogliamo modificare bisogna definire a livello pratico come modificarlo. Alcune modifiche sono molto semplici e poco dispendiose in termini di tempo e settaggio del test, altre modifiche sono molto ampie e richiedono una fase di sviluppo. Occorre quindi stilare una lista delle possibili modifiche e valutarne la priorità. Esistono diversi modelli di valutazione delle priorità i più comuni sono l’ICE o il PPI, in entrambi i casi lo scopo è dare un ordine di priorità alle modifiche proposte sulla base del impatto e della difficoltà di implementazione.

4. Test

Una volta definiti gli elementi di modifica parte la fase di testing vera e propria. La durata del test è strettamente correlata al traffico in pagina: maggiore è il traffico in pagina e più breve sarà la durata del test.

Per essere impostato ogni singolo test deve essere definito in termini di

  • regole di attivazione: per esempio entrano in test tutti gli utenti che visualizzano la pagina prodotto o tutti quelli che aggiungono al carrello;
  • KPI di riferimento: per esempio se lavoro sulla pagina prodotto il mio KPI sarà non solo il CR ma anche l’aggiunta al carrello;
  • percentuale di traffico in test: posso decidere quale percentuale di utenti coinvolgere nel test; tenendo conto che test molto impattanti potrebbero influire negativamente sul CR, in alcuni casi è meglio coinvolgere una percentuale limitata di utenti;
  • tipologia di device: alcuni test potrebbero essere rivolti solo ad utenti desktop o solo ad utenti mobile, a seconda della modifica ipotizzata.

5. Analisi dei risultati

L’ultima fase del ciclo riguarda l’analisi dei risultati. Dopo alcune settimane di test i risultati assumono valenza statistica, sappiamo quindi quale versione è vincente rispetto a determinati KPI. Non solo, alcuni dei tool di web analytics (come Google analytics) danno la possibilità di utilizzare il test come variabile da incrociare con le caratteristiche dell’utente.

Una volta identificata la versione vincente la modifica può essere implementata in modo stabile. La versione ottimizzata diventa quindi la nuova versione base su cui raccogliere dati e formulare ipotesi di modifica. Ad ogni ciclo d’implementazione la versione base diventa sempre più vicina alle esigenze degli utenti e viene costantemente monitorata e migliorata.