Scrivere bene non è semplice: saremo un po’ snob, ma secondo noi è un dono
O ce l’hai o non ce l’hai, come il fantasista sul campo di calcio, il mago delle operazioni matematiche o il commerciale che venderebbe ghiaccio al Polo.
È una passione che nasce in tenera età e solo dopo diventa un lavoro – se si è così fortunati da riuscirci. Certo, non si può essere tutti romanzieri, poeti e saggisti, così l’arte dello scrivere si declina e adatta alle nuove forme di comunicazione. Nasce l’Edgar Allan Poe 2.0: il copywriter digitale, che compone short tales a uso e consumo degli utenti del web.
Il salto di qualità lo si fa, però, riuscendo a scrivere in ottica SEO: i testi che popolano la Rete non vengono letti soltanto da “umani”. Anche le macchine lo scandagliano: i crawler o spider di Google sono sempre alla ricerca di parole, famelici di contenuti da indicizzare, nel bene o nel male.
Come coniugare “lo bello stilo” – per dirla dantescamente – che piace allo scrittore stesso con le necessità diversissime di utenti umani e robots? In Optimized Group ci teniamo costantemente aggiornati per migliorare il nostro know-how. La nostra biblioteca si è accresciuta da poco di un nuovo testo che abbiamo molto apprezzato:“Scrivere per il web” di Michael Miller, che ci ha fornito molti spunti su cui riflettere.
Innanzitutto, è importante capire che quella online non è vera lettura. Nessuno legge per piacere o per passare il tempo, al contrario: gli utenti non hanno tempo per contenuti lunghi e complessi, vogliono arrivare subito al dunque. Alla mancanza di tempo si unisce la progressiva diminuzione della soglia di attenzione: è un dato sociologico ormai consolidato che non siamo più in grado – noi più o meno nativi digitali – di concentrarci su qualcosa per più di una manciata di istanti. Pensate all’impazienza con cui passate in rassegna i risultati di ricerca che non vi soddisfano immediatamente, o al semplice zapping televisivo appena uno show vi annoia.
La necessità è di soddisfare un’esigenza, non di intrattenere. Il che non significa che il testo non debba essere interessante, al contrario: deve essere di qualità e fornire un servizio. L’utente cerca qualcosa perché vuole una risposta a una domanda. Noi dobbiamo fornire quella risposta, nel modo più immediato e accattivante possibile.
Il trucco? Scrivere testi senza preamboli, che arrivino subito al dunque, formati da frasi brevi. Niente periodi lunghi e pieni di subordinate. Dire chiaramente nel titolo del testo di cosa andremo a parlare e fornire subito l’informazione principale, per poi scendere nei dettagli. Mai il contrario.
La struttura del testo – comunicato stampa o articolo – deve comprendere headline, un occhiello o catenaccio, e brevi paragrafi, divisi anche visivamente in blocchi semplici da analizzare. Si può inserire un virgolettato di un portavoce circa a metà e lasciare alla fine considerazioni marginali o chiose emozionali: difficilmente il testo sarà letto per intero.
Una volta soddisfatti gli impazienti e basici utenti umani, passiamo ai robots. Premessa fondamentale: in ottica SEO, i testi dovrebbero essere sempre originali, unici. I duplicati sono puniti dai motori di ricerca. Possiamo parlare di uno stesso argomento, ma è importante declinarlo in forme differenti per ciascun sito in cui saremo pubblicati.
Confrontandoci con il nostro SEO Manager, possiamo valutare quali parole chiave hanno più peso e inserirle nel testo, corredando la più rilevante con un link al sito che vogliamo promuovere. Mai esagerare con link e parole chiave, anche questo rischia di portare più danno che beneficio. Infine, il testo deve superare le 300-350 parole: questo consente una migliore indicizzazione rispetto a contenuti più brevi.
La differenza tra la scrittura per il web e quella per l’offline, sebbene si resti nell’ambito del marketing e della comunicazione, è fondamentale: una cartella stampa cartacea di presentazione di una nuova collezione di moda o di un progetto articolato può anche eccedere le 10 pagine. L’online ha tempi e modi molto più rapidi e immediati.
Ps. Quanti di voi sono arrivati alla fine di questo articolo?