La vita lavorativa di chi si occupa di Digital PR è un universo d’ansia, scadenze mancate, idee creative nel pieno della notte e litri di caffè.

Se vi occupate di pubbliche relazioni o conoscete qualcuno che fa parte di questo mondo sicuramente avrete visto con i vostri occhi alcune delle cose che sto per raccontare; se siete giovani e innocenti e state valutando la possibilità di scegliere un indirizzo legato alla comunicazione per i vostri studi universitari forse è meglio che continuiate a leggere, così magari vi faccio cambiare idea e diventate tutti brillanti veterinari (non dite che non eravate stati avvertiti).

Scherzi a parte: occuparsi di comunicazione è davvero un bel lavoro, tanto più se parliamo di Digital PR. Dinamico, creativo e divertente, ti fa perdere i capelli per lo stress ma almeno ti svegli contento (il più delle volte) di andare in ufficio, e per me questo è fondamentale: non potrei mai stare 8 ore al giorno seduta a fare qualcosa che odio, anche perché finirei per diventare passivo-aggressiva rendendo la giornata dei miei colleghi molto difficile.

Mi è capitato tempo fa di imbattermi in un articolo piuttosto divertente sulle Public Relation e devo dire che molte delle cose che inserivano nell’identikit del perfetto PR erano la sacrosanta verità. Volete sapere quali sono i tratti identificativi del vero comunicatore? Ecco un piccolo identikit:

  • To Do List: ogni PR che si rispetti ha un’agenda in cui cerca di tenere traccia delle cose da fare. Dico cerca perché in realtà, è tutta un’illusione; il senso di soddisfazione che si prova per essere riuscito ad organizzare il lavoro di tutta la settimana va in frantumi lunedì mattina alle 10 dopo che scopri di dover partecipare a 3 meeting, 5 call, un evento e già che ci sei dare una mano per quel piccolo progettino che tanto ci vogliono solo pochi minuti. Credo che esista una legge di fisica quantistica che lo spiega, ma la regola vuole che niente, e dico niente, venga depennato dalla vostra preziosa lista prima delle 3 del pomeriggio. E non cercate di capire il perché, tanto è un mistero.
  • Email: con il rischio di sembrare un po’ ossessivo-compulsivo, il buon PR controlla le mail continuamente, altrimenti inizia a venirgli l’ansia. Appena sveglio? Scarica la posta. (Qui devo fare mea culpa in effetti). In coda alla posta? In bagno? Al pub? In piena notte? Ovunque.
  • L’arte di scrivere: non a caso la chiamo arte, perché una delle skill richieste ad ogni PR che si rispetti è la capacità di scrivere di ogni cosa facendola sembrare interessantissima. Con l’esperienza hanno poi sviluppato un vocabolario di sinonimi e contrari da far invidia alla Treccani, e in mezzora possono darti quattro diverse versioni della stessa identica notizia, senza che tu te ne accorga neanche.
  • Rifiuti: come un muro di gomma sorridente il PR si fa le ossa prendendo una marea di porte in faccia da giornalisti, blogger e capi ufficio senza perdere mai le staffe. Immaginate come trattereste un venditore porta a porta di moquette e riuscite a farvi un’idea precisa di come sia difficile la sua giornata.
  • Deadline: il presupposto di partenza è che sei già in ritardo. Quando un progetto viene avviato si parte rilassati e entusiasti, attraversando poi tutte le fasi del dramma fino alla consegna. Come avviene per la to do list non esiste una spiegazione reale, e nonostante tutta la buona volontà sarete sempre e inesorabilmente in ritardo.

 

Un bel quadretto vero? La realtà è che non è un lavoro adatto a tutti, perché la maggior parte delle persone non sono disposte a sopportare livelli di stress di questo tipo; dietro ai film e alle storie raccontante su quanto sia fantastico lavorare nelle Pubbliche Relazioni, c’è un mondo di professionisti in grado di gestire l’immagine dei propri clienti al meglio, in qualsiasi situazione. Dategli un litro di caffè e vi risolveranno ogni problema.

(Per quanto mi riguarda, non potrei immaginarmi a fare niente altro.)

 

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Silvia Borsa

Digital PR & Social Media Manager (ansiosa e ossessivo-compulsiva per natura)