Cosa fa un UX writer? Come si diventa abili scrittori sul web? Scoprite cosa sono i microcopy e perché la professione di UX writer sta diventando indispensabile.

Il web ospita una grande varietà di contenuti e microtesti con cui interagiamo tutti i giorni, anche senza farci caso. Dietro questi testi ci sono delle figure professionali con delle competenze specifiche, poiché non basta saper scrivere – e nemmeno saper scrivere bene – per instaurare una comunicazione efficace con gli utenti.

Tra queste figure professionali, negli ultimi anni emerge quella degli UX writer. Se vi occupate di scrittura sul web da freelance oppure avete un blog o un sito di e-commerce, conoscere le tecniche di UX writing può realmente fornirvi un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.
Scopriamo cos’è l’UX writing, di cosa si occupano gli UX writer e perché le grandi aziende (ma non solo) ne hanno sempre più bisogno.

Cos’è la UX writing? Alla scoperta del copywriting che sposa la user experience

UX sta per user experience, quindi la UX writing non è altro che una tecnica di scrittura sul web che tiene fortemente in considerazione l’esperienza di navigazione degli utenti. Il compito dello UX writer è quello di garantire all’utente un’esperienza quanto più piacevole e semplificata, guidandolo nella sua permanenza su un sito web. Come? Attraverso delle piccole porzioni di testo, i “microtesti” (o microcopy), che costituiscono le voci del menu di un sito, pulsanti, campi di form, istruzioni, messaggi di errore, etc. Come dovrebbe un microcopy?

  1. Semplice: i testi devono essere chiari e di immediata comprensione. Lo scopo è quello di semplificare la navigazione all’utente e rendere tutti i passaggi più fluidi;
  2. Incoraggiante: soprattutto nel caso in cui si chieda all’utente di affidare i propri dati o di procedere a una operazione di acquisto, occorre che il testo sia rassicurante e incoraggiante, permettendo a chi legge di riconoscere il punto in cui si trova e non lasciare che pensi “cosa potrebbe accadere se cliccassi su questo pulsante?”;
  3. Originale: per fare davvero la differenza, sarebbe il caso di non utilizzare espressioni preimpostate nella comunicazione, ma personalizzare il proprio tone of voice coerentemente con l’identità del brand. All’occorrenza, potreste essere più professionali oppure più amichevoli, talvolta anche spiritosi e premurosi. L’ideale sarebbe fare in modo che l’utente si convinca di avere a che fare con una persona in carne e ossa, non con una macchina.

Chi si occupa di UX writing compie un passo ulteriore rispetto al copywriter: non siamo in presenza di un cambiamento epocale, ma di una naturale e necessaria evoluzione della professione, sia dal punto di vista dei contenuti che delle competenze, che si fanno più ricche e trasversali.
È bene tener presente, infatti, che la scrittura è soltanto la fase finale di un complesso processo di analisi, indirizzata sia al target di riferimento – magari con lo studio delle buyer personas – che al brand stesso che si vuole comunicare.

La UX writing può davvero fare la differenza in una web strategy?

Se il vostro motto è “user first”, la risposta è sì. Se non lo è, dovrebbe diventarlo! Un utente soddisfatto della sua esperienza di interazione con una interfaccia – che sia una pagina web, una app o un qualsiasi servizio digitale, come una newsletter – è un utente che prolunga volentieri la sua permanenza sul servizio e si predispone a effettuare conversioni.

Al contrario, un utente che si imbatte in un sito con una grafica accattivante e dei contenuti interessati ma non è in grado di capire immediatamente come muoversi nella navigazione e come ottenere quello di cui ha bisogno, abbandonerà presto la pagina e cercherà altrove di soddisfare la sua necessità.

Inoltre, la UX writing permette di rafforzare la brand identity poiché diventa la voce stessa con cui il brand si esprime. Tutto questo permette di “umanizzare” il processo di dialogo con gli utenti, personalizzando l’esperienza in base al carattere del brand e di conseguenza al target.

Il tone of voice che adotterà lo UX writer di Spotify sarà sicuramente differente da quello di Amazon, ad esempio.

Come si diventa UX writer?

Come dicevamo, essere abili parolieri è un requisito indispensabile ma non sufficiente. La creatività non basta, occorre coniugarla a una profonda conoscenza del target e a competenze di analisi e interpretazione dei dati per monitorare la propria strategia ed essere pronti a metterla continuamente in discussione. Un professionista in questo campo lavora a stretto contatto con altre figure, come gli UX designer e i CRO specialist, che cooperano per garantire la migliore user journey. Inoltre, dovrebbe essere in grado di leggere una mappa di calore e di porre in atto frequenti A/B test per misurarsi con il feedback degli utenti.

Indispensabile è anche almeno una conoscenza di base della SEO copywriting. Pensate, ad esempio, allo snippet di una pagina in SERP: il title e la meta description non sono altro che microcopy che devono catturare l’attenzione dell’utente e convincerlo, con indicazioni chiare e parlanti, a cliccare sul link. Se queste piccole porzioni di testo non vengono ottimizzate in ottica SEO, rischierete di non favorire il posizionamento di un contenuto valido e user friendly.

Negli Stati Uniti, in Svezia e in Spagna – dove hanno sede corporazioni internazionali – quella dell’UX writer si è già affermata da pochi anni come una professione verticale e specifica.

E in Italia? Si è iniziato a parlare di UX writing solo di recente, più in termini di metodologia che di vera e propria professione. Spesso – in realtà, quasi sempre – sono le stesse persone che si occupano di web strategy, copywriting e UX design ad approfondire le proprie competenze per la produzione di contenuti “user centered”.

Conoscevate la UX writing? Chi di voi si è già confrontato con questo tipo di scrittura? Diteci la vostra nei commenti!